Ho avuto il privilegio di poter conversare di libri con Aurora, lettrice appassionata di nove anni, con cui abbiamo parlato di una fiaba contemporanea tra le più famose: Harry Potter. Le ho chiesto se preferisse storie a lieto fine o con finale aperto e mi ha risposto che non le interessa tanto il finale, anche se “dopo tutto quel leggere, sapere che i protagonisti muoiono o si lasciano, bello non è”, mi ha confidato tra una chiacchiera e un'altra. I bambini sono critici severi e lettori esigenti, in entrambi i ruoli però molto onesti. "Cosa ti interessa allora" le ho domandato. “La suspence, la tensione, il dramma, sennò non ha senso” mi ha risposto. E abbiamo continuato a parlare di cattivi, drammi, maghi, babbani e creature fantastiche. Poi Aurora mi ha guardata con i suoi grandi occhi castano-scuro e seria mi ha bisbigliato, avvicinandosi al mio viso: “Una storia deve farmi immaginare le cose”. Bingo! Ma torniamo al dramma e torniamo ad Harry Potter, bambino dotato di poteri magici e sopravvissuto a un mago malvagio e per questo motivo in grave pericolo: quel mago cattivo, infatti, il cui nome è impronunciabile - vuole ucciderlo e lui dovrà diventare più forte per riuscire a combatterlo e a vincerlo. In questo viaggio di formazione sarà supportato da fedeli amici, e da saggi stregoni. Gli alleati, in una storia avvincente, sono fondamentali (mi viene in mente “Il Signore degli anelli” - in particolare la scritta in caratteri elfici nelle Porte di Durin: “Dite amici ed entrate”). Quindi, che tu stia leggendo una favola di Esopo, della lunghezza di poche righe, o una fiaba dei fratelli Grimm - decisamente più lunga e dalla struttura più complessa - ti sembrerà chiaro quel senso del dramma di cui parlava Aurora e quella capacità di “vedere” nella tua testa, pagina dopo pagina, quello che succede come fossero fotogrammi al cinema.
Analizziamo adesso una favola classica: “La cicala e la formica” di Esopo. La prima vive l'estate divertendosi (in una rivisitazione moderna la immagino mentre trascorre il suo tempo sui Social), la formica, invece, non si risparmia di lavoro e fatica (magari è una content creator). Arriva l'inverno, dramma (o punto di svolta o climax ascendente), la formica ha il cibo necessario per sopravvivere alla stagione fredda (ha scritto un bel pò di articoli), perché è stata lungimirante facendo scorte prima del bisogno, diversamente dalla cicala (sua competitor). Da chi va a bussare quest'ultima per chiedere aiuto? E in questa domanda risiede la morale di cui la favola si fa portatrice. Altro elemento caratterizzante. Nella fiaba il senso è, invece, più profondo da ricercare. Ma la capacità di creare una tensione emotiva e narrativa è propria dei due generi, che potremmo definire polisemantici: dicono qualcosa e ne significano altri grazie all'allegoria, figura retorica che umanizza gli animali nella favola e che nasconde significati tra le righe di una fiaba.
Il segreto del loro fascino sta anche, chissà, nel ruolo affidato al lettore: interprete e creatore di senso. Inoltre, la funzione educativa, propria di entrambi i generi, li rende soggetti a riletture, rivisitazioni, riscritture. Conosciamo più da vicino, dunque, questi mondi meravigliosi di cui faccio incetta anche io dall'età di Aurora.
Quelli in copertina sono proprio i miei libri!
Fiaba e favola a confronto
Troverai sul web articoli di approfondimento sulle differenze tra fiaba e favola, qui sintetizzate tramite questo schema preso dal sito Focus Junior. Di certo avrai letto che entrambi i generi hanno origini antiche. Quella delle favole si perde nella tradizione orale di vari popoli (non stupisce che l'etimologia, sia di favola che di fiaba, abbia a che fare con il verbo “fari” dal latino “parlare”). Le prime testimonianze scritte risalgono all’antico Egitto, al periodo del Nuovo Regno (XIII secolo a.c), come la “Storia dei due fratelli”. Successivamente, la favola si è sviluppata in Grecia con Esopo, famoso per i suoi animali antropomorfi, ovvero animali dotati di caratteristiche umane. A Roma, il principale autore di favole fu Fedro, che si ispirò a Esopo e adattò le sue favole al contesto sociale e politico del suo tempo. Nel Medioevo, ha continuato a essere tramandata oralmente e a influenzare altri generi letterari, come il Roman de Renart: raccolta di storie di animali che rappresentano le classi sociali dell’epoca (sto pensando adesso al romanzo allegorico “La fattoria degli animali” di George Orwell libro per un pubblico più adulto). Nel Rinascimento, la favola fu rivalutata da alcuni autori, tra cui Leonardo da Vinci, che scrisse “ll leone e il topo”. Nel Seicento, il genere raggiunse il suo apice con Jean de La Fontaine, con le sue famose “Fables”, basate su Esopo, Fedro e altre fonti, ma arricchite di uno stile elegante, ironico e critico verso la società del suo tempo.
Da allora, la favola ha continuato a essere un genere letterario molto apprezzato e praticato da molti scrittori, come Hans Christian Andersen, Fedor Dostoevskij, Italo Calvino.
La fiaba, invece, ha origini più recenti e si basa sulla tradizione orale dei racconti popolari, che sono stati poi raccolti e scritti da vari autori, tra cui Charles Perrault o da autrici come Clarissa Pinkola Estés, che per il suo libro “Donne che corrono con i lupi” ha attinto a miti e fiabe provenienti da diverse parti del mondo.
Perché le favole ci piacciono così tanto?
Le favole e le fiabe nel tempo
Ti ho lasciato con un interrogativo che è quello che fanno le favole e le fiabe di ogni epoca. Come è possibile che un genere, quello della favola, nato probabilmente in Mesopotamia nel 2000 a.C. abbia conservato - anzi aumentato - il suo fascino nel corso del tempo? Forse perché si è adattata ai diversi contesti storici e sociali, nutrendosi della cultura, come accade per i miti, attraverso la rielaborazione di quei contenuti di cui l'inconscio collettivo è ricco. Oppure perché riesce a raccontare storie semplici ma significative, in cui gli animali o gli oggetti assumono caratteristiche umane rappresentandone vizi e virtù.
O ancora perché conosce il linguaggio per rivolgersi a lettori di ogni età, ceto, contesto storico-sociale, offrendo una visione critica e ironica della realtà. Lo dimostrano le riscritture di autori moderni come: Gianni Rodari, Roald Dahl, James Finn Garner.
Con il passare del tempo, anche la fiaba si è adattata ai gusti e alle esigenze dei diversi pubblici, dando vita a molte riletture e reinterpretazioni, che ne hanno arricchito il significato e la forma. Ad Angela Carter si deve una rivisitazione della fiaba di Barbablù (per cui si è ispirata alla versione di Charles Perrault) “La camera di sangue” (opera vincitrice del Cheltenham Festival of Literature Award) che dà il nome all'omonima raccolta del 1979 (recentemente ripubblicata da Fazi in “Nell'antro dell'alchimista”), una critica alla società, attraverso una rappresentazione sovversiva del genere, dell'identità, dei legami familiari, della sessualità. Le favole dei fratelli Grimm hanno ispirato per esempio il film “I fratelli Grimm e l'incantevole strega” e alcune dello scrittore danese Hans Christian Andersen sono diventate trasposizioni cinematografiche di grande successo prodotte da Walt Disney: “Biancaneve” il primo film d'animazione del 1937 a cui sono seguiti "La Sirenetta" del 1989; “La Bella e la Bestia” del 1991, “La Bella Addormentata nel Bosco” e il suo spin-off sulla strega cattiva “Maleficent” del 2014.
Come abbiamo visto, la fiaba ha una struttura più complessa e articolata della favola e presenta molti più elementi fantastici, magici e simbolici, che si intrecciano con le vicende umane dei personaggi. Ha una funzione educativa, ma anche emotiva e creativa, in quanto stimola l’immaginazione e la fantasia dei lettori. Per esplorare le diverse versioni e interpretazioni delle storie classiche, basta volgere lo sguardo alle nuove forme di narrazione e diffusione come cinema, televisione, videogiochi, che rispecchiano le aspettative delle nuove generazioni. Sono storie che fanno sognare, riflettere, divertire, spaventare (mi viene in mente la serie giapponese “Alice in borderland” rivisitazione fantascientifica, thriller della fiaba di “Alice nel paese delle meraviglie” diretta da Shinsuke Sato).
A proposito di “paura”, appartiene ad entrambi i generi la funzione apotropaica: sconfiggere il male attraverso l'immedesimazione e, infine, la catarsi. Si tratta di un fenomeno legato al pensiero magico, che si ritrova in molte culture e tradizioni, cui la fiaba in particolare attinge.
Alcuni esempi di favole conosciute, che contengono elementi apotropaici sono:
- Il lupo e l'agnello, in cui il lupo rappresenta la sopraffazione e l'ingiustizia, mentre l'agnello simboleggia l'innocenza e la verità. Morale (il classico “ὁ μύθος δελοι οτι” (la favola mostra che): il potere non può sopraffare la ragione.
- La volpe e l'uva, in cui la volpe è il simbolo dell'astuzia e dell'ipocrisia, mentre l'uva è quello del desiderio e della tentazione. Morale: è meglio riconoscere i propri limiti che disprezzare ciò che non si può avere perché difficile da ottenere.
Puoi divertirti a trovarne altre anche tu!
Le favole sono anche un modo per entrare in contatto con culture diverse e con la nostra tradizione. Hai provato a indagare nelle tua regione quali sono le favole più famose? Alcuni studiosi sostengono che le favole siano ancora uno strumento prezioso per sviluppare l’intelligenza emotiva nei bambini e negli adulti e che possano essere usate per un'educazione dei sentimenti, cosa di cui ultimamente si parla moltissimo, fuori e dentro le scuole, insegnando ai bambini e alle bambine una lettura critica e creativa delle storie. Qual è la tua opinione al riguardo?
Spazio alla riflessione
“E tu, quali fiabe e favole preferisci? Credi che siano ancora importanti per la tua crescita personale e culturale? Come ti piacerebbe che fossero le fiabe e le favole del futuro?” Molte di queste storie sono state scritte in epoche e contesti diversi da quelli attuali, e spesso riflettono stereotipi, pregiudizi e discriminazioni di genere che non sono più accettabili. Paola Cortellesi nel suo discorso ai ragazzi della LUISS nell'Anno accademico 2023-2024 ha recentemente parlato anche di questo: come riappropriarsi della storia per gettare una luce su argomenti ad oggi poco dibattuti come ha fatto nel film “C'è ancora domani” di cui è regista. Lo ha fatto, analizzando - con lo stile ironico che la contraddistingue - le fiabe di Cenerentola e Biancaneve entrambe prodotto di una cultura patriarcale: le protagoniste sono due belle ragazze che i principi non esitano a sposare - anche senza conoscerle - perdutamente invaghiti del loro aspetto; sono fanciulle altruiste, generose che svolgono mansioni domestiche e ricalcano lo stereotipo della brava donna di casa, servizievole e disposta a prendersi cura del prossimo (prima che di se stesse). Ecco cosa sono le storie: amuleti attraverso cui viaggiare nel tempo per osservarlo da vicino e cambiarlo se necessario. Se penso alle favole del futuro mi piacerebbe fossero scritte da tante donne e che affrontassero temi aventi come “eroine” “donne protagoniste del loro progetto e non comparse del progetto di qualcun altro” per citare la Cortellesi.
Se ti piacciono le letture che scardinano questi modi di pensare, cerca autori e autrici che possano aiutarti a costruire un modello di cultura che rispecchia il mondo e il modo in cui ti senti più rappresentato/a. E redigi una bella lista.
Io ho letto recentemente “Storie della buonanotte per bambine ribelli” di Francesca Cavalli e Elena Favilli e ”Favole al telefono" di Gianni Rodari, consigliati entrambi: il primo per immaginari nuovi scenari per le donne di tutti i tempi; il secondo per la passione con cui l'autore ha trasmesso, a intere generazioni, il coraggio di sognare.
Se ti va di esplorare un genere misto, che non rientra in categorie nette ma ha un pò di entrambe, eccoti altri titoli: “Nero, una storia a colori” o “Il Pesce Palla e la Luna”. Questi li ho scritti io e mi piacerebbe conoscere la tua opinione in merito.
In un mondo a misura di bambino io un futuro riesco a immaginarlo. E se lo immagino è possibile. Non parlano di questo in fondo le favole?